La forza della vulnerabilità

Accettare le proprie ombre per vedere la luce

Chiamare la persona che ci piace per chiederle di uscire, parlare al nostro amico di un problema che abbiamo con lui, essere lasciati dal fidanzato, non vedere confermato quel contratto, non vincere quella gara… sono tutte occasioni in cui ci sentiamo estremamente vulnerabili. Potremmo essere non capiti, non accettati, non amati, non soddisfatti e questo ci spaventa.

Vorremmo che tutto fosse come quando si entra in una lussuosa camera d’hotel: l’odore di pulito, le lenzuola perfettamente rifatte, la luce che filtra appena dalla tenda, le saponette armonicamente disposte sul ripiano del lavandino. E invece ci sentiamo come la cameretta di un bambino disordinato: tutto è fuori posto e confuso.

E’ così che nasce la proiezione di un ideale e di un dover essere. Cerchiamo di essere il più simili possibile al nostro ideale, alla nostra camera d’hotel, pensando che una volta arrivati, non proveremo più vergogna e senso di inadeguatezza. Eppure questo momento non arriva mai…

Il meglio che possiamo fare allora è attutire le emozioni che non ci piacciono. Chiudere il nostro cuore ed iniziare a provare meno rabbia, meno odio, meno frustrazione. E’ così che diventiamo più freddi e più cinici, come gli adulti descritti ne “Il piccolo principe”: non in grado di riconoscere una bella casa dai mattoni rosa, dai colombi sul tetto e dai gerani alle finestre ma solo dall’importo economico.

Il punto è che non possiamo scegliere quali emozioni provare. Soffocare le emozioni che giudichiamo negative significa soffocare tutte le emozioni. Non provare frustrazione, tristezza, rabbia, dolore significa non provare soddisfazione, gioia, entusiasmo e felicità. Leonard Cohen cantava “Suona le campane che ancora possono suonare, scordati la tua offerta impeccabile. C’è una crepa, una crepa in ogni cosa. Ecco come entra la luce”. Se quel muro non avesse crepe e fosse perfetto, all’interno ci sarebbe solo il buio.

E’ l’imperfezione che crea la bellezza. Una distesa di papaveri, perfetta nella sua bellezza, è in realtà formata da  fiori imperfetti, con forme e colori leggermente diversi l’uno dall’altro.

Accettare le nostre imperfezioni e vulnerabilità è l’unico modo per essere autentici e guardare alla realtà delle cose.

Sostiene il filosofo Haim Baharier: “Tutto il creato è claudicante e l’essere umano è claudicante perché fa parte del creato. Ecco, l’eccellenza è l’assunzione di questo stato. Capire che grandezza e precarietà non sono un’alternativa, ma l’unico possibile modo di essere dell’uomo”.

Smettere di giudicare come negativa la nostra vulnerabilità e iniziare a vederla come ciò che ci rende reali e vivi significa essere autentici ed è questo l’unico modo per sentire la connessione con gli altri, la gratitudine e l’amore.

 

Giulia Imbastoni

 

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