Direttori della propria orchestra interiore

Come far sì che tutte le parti di noi collaborino per l’armonia

“Ah, finalmente è domenica e posso passare tutto il giorno a letto! Però potrei approfittarne per pianificare quel progetto, così lunedì posso incontrare quel nuovo cliente… E il piccolo Mirko? E’ tutta la settimana che mi chiede di portarlo al parco giochi! Ma oggi Carlo mi ha chiesto di pranzare in quel ristorante romantico per festeggiare il primo anno insieme!”

A chi non è capitato di vivere qualcosa di simile nella propria testa? Proprio come in un’orchestra ci sono tanti musicisti con partiture diverse e ognuno ha il suo ruolo: la parte pigra che vuole farci restare a letto, la parte stacanovista che vuole farci lavorare di più, la parte del genitore perfetto che vuol farci prendere cura dei figli e così via. Ognuna di queste figure ha un suo carattere e suoi bisogni, spesso in conflitto con le altre.

Roberto Assagioli, padre della teoria psicologica della psicosintesi, le ha chiamate subpersonalità. Nel corso della nostra vita si sono formati dei veri e propri personaggi interiori. Alcuni hanno preso vita da un lato del carattere più spiccato, altri dai condizionamenti della famiglia o della società. La maggioranza di essi però nasce come risposta ad un bisogno. Ad esempio, da bambino avevo bisogno dell’amore di mia madre e lei mi gratificava quando ero buono: ho imparato ad essere buono per ottenere ciò che voglio e il “Buono” è diventata una mia subpersonalità.

Alcune di queste non ci creano problemi ma è contro quelle che giudichiamo negative che combattiamo la nostra battaglia quotidiana. “Non sono mai soddisfatto di quello che faccio! Sono sempre critico con me stesso!” potrebbe dirsi chi passa le nottate a scrivere e riscrivere la stessa pratica. Eppure può essere che è proprio la sua parte critica che gli ha permesso di raggiungere i più grandi risultati della sua vita, spingendolo oltre i suoi limiti. Le subpersonalità non sono né positive né negative, ma funzionali o disfunzionali.

Pensiamo ad una subpersonalità istrionica, questa può essere funzionale se sono un trainer e sto tenendo un corso di formazione, perchè mi aiuterà ad essere accattivante e a tenere alta l’attenzione del gruppo. La stessa subpersonalità però può essere disfunzionale se sono al matrimonio della mia migliore amica e faccio di tutto per essere io al centro dell’attenzione.

Infatti, il problema principale con le subpersonalità è che normalmente non scegliamo noi quando utilizzarle, ma entrano in gioco automaticamente. Con gli anni abbiamo imparato che rispondere ad uno stimolo in quel modo funziona e continuiamo a farlo. E’ come se avessimo una serie di strumenti musicali ma suonassero senza scegliere il momento giusto e senza seguire una melodia.

Per essere il direttore della propria orchestra, la prima cosa da fare, da soli o con l’aiuto di uno specialista, è riconoscere le proprie subpersonalità. Può essere utile disegnarle, dar loro un nome e un carattere. Si può poi sperimentare l’identificazione – agire, sentire e pensare come quel personaggio – e la disidentificazione – ritornare allo stato di calma iniziale.

Riconoscere le proprie subpersonalità, identificarsi, disidentificarsi, capire in cosa sono utili e in cosa dannose e agire alla luce di queste consapevolezze è la via per diventare i direttori della propria orchestra interiore e far sì che tutti gli strumenti collaborino per la nostra armonia e felicità.

 

Giulia Imbastoni

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